Come si attua la trasparenza
In sintesi possiamo dire che l’accezione di trasparenza che prendiamo a riferimento contiene al suo interno almeno 4 livelli:
1.una base costituita dai comportamenti dell’azienda che dovranno distinguersi per la correttezza, l’efficienza e la qualità dei processi produttivi e dei prodotti;
2.una fase di documentazione e controllo di questi comportamenti, ovvero una tracciabilità come controllo qualità interno e da parte di soggetti terzi delle filiere;
3.una capacità di trasferire al consum-attore il valore dei processi di cui sopra che quindi comporta una tracciabilità intesa come valorizzazione, ovvero come storytelling e comunicazione supportata da dati ai quali però non viene dato pieno accesso;
4.da ultimo, l’accessibilità totale alle informazioni come controllo e partecipazione dal basso, sia attraverso l’internet delle cose, sia attraverso la condivisione sui social delle proprie esperienze di consumo.
Seguendo questa analisi, osserviamo che nel panorama del largo consumo ci sono molti modi di dirsi o essere trasparente, in base a un mix dei 4 livelli di cui sopra, integrati in parte o in toto nel rapporto tra aziende e cittadini. Possiamo avere ad esempio un’azienda che lavora bene ma non comunica altrettanto bene, viceversa un produttore che privilegia lo storytelling ma senza avere il conforto dell’esattezza e dell’autenticità delle informazioni che comunica.
Il parametro più attendibile che abbiamo per valutare il grado i trasparenza si basa sul comportamento che le aziende adottano 1.nell’offrire accesso alle informazioni e 2. nel dare esattezza e autenticità alle stesse.
Come nel caso emblematico della trasparenza amministrativa (vedi sul sito del Ministero Funzione Pubblica), più andiamo verso l’accessibilità totale alle informazioni che descrivono e tracciano le filiere e i processi tanto più saremo trasparenti.
Si configura così un panorama dove alcuni si limitano a soddisfare i requisiti di legge con etichette conformi alle norme europee o alle più stringenti norme italiane, come ad esempio quella che sta per reintrodurre l’obbligo dello stabilimento di produzione in etichetta (vedi il comunicato sul sito del Ministero Politiche Agricole).
Altri fanno di più e quindi offrono maggiori informazioni rispetto agli standard normativi, ad esempio rendendo la tracciabilità di prodotto accessibile ai consum-attori, garantendo l’origine delle materie prime e non solo la provenienza o la trasformazione.
Altri ancora cominciano ad offrire anche la possibilità di controllare la veridicità di quanto affermato dall’azienda e farne oggetto di confronto aperto con i consum-attori. Ad esempio con etichette intelligenti che dialogano con gli smartphone per dare accesso alle fonti multimediali archiviate lungo la storia del prodotto, per poterle consultare, controllare e commentare via web e social media.
E’ proprio in questo scarto, tra una trasparenza effettiva e partecipata e una trasparenza rispettosa dei principi di legge ma difficilmente accessibile, che si giocano oggi le sfide per un’evoluzione in senso sostenibile del largo consumo.
seconda parte – to be continued
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